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Corso Vendita: le basi di una professione di successo© Copyright dal testo Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesseFormazione Vendite e Empatia Strategica: Muoversi entro il quadro mentale dell’interlocutoreL’approccio mentale del comunicatore professionale e del negoziatore è completamente centrato sugli obiettivi da raggiungere valutando il quadro mentale degli interlocutori. Nessuno può comunicare nel vuoto, parlando ad un muro. I comunicatori, venditori e negoziatori professionali parlano “con” qualcuno, devono trattare o negoziare “con” qualcuno. Devono capire come la controparte ragiona. Come sostiene un esperto nel coaching di vendita Senior: 1. Lo Strategic Selling è un modo di essere. 2. Lo Strategic Selling non è una procedura. 3. I professionisti dello Strategic Selling si riconoscono dal fatto che ascoltano in profondità. 4. Il talento principale di chi pratica Strategic Selling è essere naturalmente empatici[1]. La presenza degli “altri” ci obbliga quindi a diventare analisti, a capire – giusto per citare quale variabile tra le tante – (1) se stiamo trattando con una persona o azienda che ha una forte propensione alla pianificazione (Propensity to Plan) o che pianifica poco; (2) se il nostro interlocutore cerca un rimedio rapido e immediato, mosso da urgenze, o non ha fretta; (3) se trattiamo con persone materialiste o grette o invece dal forte spessore umano; (4) se stiamo lavorando con qualcuno che cerca un puro vantaggio personale o invece un vantaggio per la propria azienda di appartenenza, o un mix di entrambi, quali sono i benefici che la nostra controparte cerca per sé e quali per l’azienda. È altrettanto essenziale capire (5) se esistono gli spazi per vendere un singolo prodotto o se – al contrario – riusciremo a creare le condizioni per diventare fornitore continuativo e di fiducia, un partner pluriennale, di un cliente con cui costruire progetti di lungo termine[2]. Alcuni clienti agiscono istintivamente, persino irrazionalmente, altri ragionano con logica fredda e numerica. Su nessuna di queste variabili possiamo dare per scontata la psicologia dell’acquirente. Ogni acquirente ha un profilo psicologico da inquadrare. Possiamo infatti avere a che fare con persone orientate a pianificare il meno possibile, la cui prospettiva temporale si esaurisce nella giornata di domani (se va bene, per non dire di oggi stesso), o persone orientate al lungo periodo, che costruiscono non solo per sé ma anche per chi li seguirà nella vita e in azienda. Le prime non si pongono il problema di quali saranno le conseguenze a lungo termine delle loro scelte. Le seconde sì. Secondo la Grande Legge degli Indiani Irochesi, ogni decisione doveva essere valutata in base agli effetti che essa avrebbe avuto sino alla settima generazione futura: gli effetti quindi sui loro bambini, e sui figli dei figli, sulle vite altrui, con il risultato di produrre una grande saggezza. Tuttavia, non possiamo pensare di trattare solo con persone sagge, o solo razionali, o solo emotive. La negoziazione prevede l’incontro con la varietà umana. Dobbiamo entrare nell’assetto mentale adeguato a trattare con qualsiasi tipo di mentalità, incontrare qualsiasi tipo di atteggiamento, di cultura, e di valori. In caso contrario, saremmo abili solo con un certo tipo di cliente e handicappati verso altri. Possiamo pensare ad un concetto di “stretching comunicazionale” che ci metta in grado di essere efficaci con diversi tipi di cliente. In questo sta la flessibilità dei comunicatori e negoziatori professionali. Questo atteggiamento, che ho denominato empatia strategica[1], include diversi livelli di comprensione, di attenzione strategica al sistema/cliente al quale ci stiamo avvicinando o che stiamo gestendo:
(1) empatia comportamentale (capire i comportamenti del sistema con cui vogliamo lavorare e interagire), (2) empatia cognitiva (capire come ragiona l’altro), (3) empatia emozionale (capire gli stati emotivi dell’altro) e (4) empatia relazionale (capire la rete di relazioni in cui vive l’altro).
Immaginate il contrario:
- non capire i comportamenti altrui o non coglierne il senso, - subire azioni le cui ragioni ci sfuggono, e ancora, - non capire che ruolo gioca la controparte, - non capire come ragiona l’altro e dare per scontato che ragioni come noi vorremmo o “come si dovrebbe ragionare secondo la (nostra) logica”.
Immaginiamo anche cosa significhi portare con se il fardello di una insensibilità emotiva, l’incapacità di cogliere sfumature, non capire se una persona con cui trattiamo sia triste o felice. Oppure, essere indifferenti verso le reazioni emotive che l’altra persona ha nei riguardi di una scelta o ad alcuni aspetti del progetto che trattiamo, e cosa in specifico la preoccupa, o cosa la interessa. E ancora, i problema delle gaffe culturali che possono offendere un dirigente straniero centrale per il successo della trattativa. Altro grande tema: l’insensibilità al quadro “tribale” della decisione, i rapporti di forza in essere, la matrice dei poteri (Power Matrix), il rischio di non capire se stiamo trattando con un vero decisore o con un semplice emissario, un influenzatore, o con un puro “parafulmini”, qualcuno che non ha alcun potere. Perdere tempo non è piacevole per nessuno. A catena, la mancanza di una mente da analista può portarci a perdere di vista persone e ruoli aziendali che dovremmo coinvolgere in un progetto e magari stiamo trascurando completamente. E, peggio, non afferrare il sistema nelle sue inter-relazioni, ad esempio non capire che esiste un centro di gravità (persone fisiche, o concetti chiave su cui far leva) in ogni acquisto, in ogni decisione. Possiamo avere di fronte a noi “clan aziendali” e altre forme tribali che si oppongono al nostro ingresso in azienda così come la compresenza di possibili “amici”, persone che ne vedono invece dei vantaggi. Larga parte delle trattative complesse consiste nel “portare dalla nostra parte” i centri di gravità della decisione, con – ancora una volta – abilità nel condurre incontri personali e sviluppo di rapporti umani. In un mondo difficile, solo persone preparate e con una “mente da analista” possono penetrare sistemi ostili, individuare le priorità e la “sequenza di mosse” utili per poter spostare l’ago della bilancia decisionale a nostro favore. Una mente da analista si chiede “Perché dice questo?”, “Perché lo dice adesso?”, “Cosa c’è dietro a questa domanda?”, “Perché non è qui il dott. X… mentre all’altro incontro era presente?”, “Per quali motivi potrebbero dirci di no?”, “Cosa abbiamo di distintivo da proporre?” E tante altre domande, non stereotipate, mai uguali. I sistemi di contatti e di relazioni in un progetto complesso richiedono visione d’insieme. Avere visione d’insieme è una capacità, cogliere il senso di un macro-progetto, capire quando è il momento di fare un incontro, individuare quali sono le informazioni critiche che ci servono (Info-Gap), e arrivare ad esaminare il micro-dettaglio di ogni negoziazione. Le capacità nell’analisi micro sono altrettanto fondamentali: come viene condotta una telefonata, un incontro, una stretta di mano, un’occhiata, un gesto, per poi tornare al macro, e, quando serve, ripensare un’intera strategia. [1] Trevisani D. (2005), Negoziazione Interculturale: Comunicazione oltre le barriere culturali, Milano, FrancoAngeli. [1] Greci A. (2010), Educazione alla vendita: fondamenti di Vendita Consulenziale e Strategica, materiale didattico riservato, Associazione Culturale Medialab Research per lo sviluppo della Ricerca sulla Comunicazione e Potenziale Umano (www.medialab-research.com). [2] Vedi in materia l’articolo di Lynch J., Netemeyer R., Spiller S., Zammit A. (2010), A Generalizable Scale of Propensity to Plan: The Long and the Short of Planning for Time and for Money, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010. Schede di approfondimento per il Corso Vendita e Formazione Vendite
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