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Limiti biologici e mentali nel funzionamento del riceventeIn ogni percorso di training, di insegnamento, di affiancamento, di coaching o formazione, sia di tipo manageriale che sportivo, dobbiamo fare i conti con la natura e il funzionamento del “cliente di processo”, colui che sta dall’altra parte del processo di apprendimento. A chi ci rivolgiamo? Con chi entriamo in relazione? Come funziona il sistema sul quale vogliamo agire? Quali sono i suoi limiti di attenzione e soglie di attenzione? Diciamo subito che l’uso dei metodi di formazione attiva ed esperienziale ha l’effetto di aumentare la soglia di attenzione, estendendola anche per ore. Il “fare” tipico della formazione attiva e del coaching attivo è di per se un’attività che non annoia e sposta la curva di attenzione molto in avanti. Altro punto di attenzione principale che vogliamo trattare qui è la consapevolezza dei limiti di funzionamento del ricevente o cliente di un percorso di Deep Coaching e Formazione attiva. Le azioni di formazione sono sempre rivolte ad un essere umano, e non possiamo dimenticare innanzitutto la sua natura di macchina biologica (ancora prima della componente motivazionale). A volte una pausa caffè serve anche solo a muovere le gambe e prendere una boccata d’aria per poi rientrare nell’attività più freschi e pronti a ricevere. Spesso il coach tende a sovraccaricare il cliente o allievo, portando la sua macchina umana fino al punto di rottura, con il risultato di ottenere buoni obiettivi nel brevissimo termine e un disastro nel lungo periodo e per la vita della persona stessa. Ronnie Coleman, campione mondiale di bodybuilding, ha vinto la manifestazione Mr. Olympia per otto volte, dal 1998 al 2005, ma ci si dimentica di dire che dal termine della carriera agonistica ha subito più di 10 operazioni alla schiena, e a poco più di 50 anni gira in stampelle. Quale imbecille ha il coraggio di dire che si è allenato bene o che il coaching che ha ricevuto era ben studiato? Se il punto finale di arrivo di un percorso è avere la schiena rotta e girare in stampelle, come si può considerare che quel percorso sia stato buono? Come macchina biologica, il ricevente possiede limitazioni sia in termini di capacità di attenzione che di energie. Soffre di distorsioni percettive, a volte senza volerlo amputa le informazioni in ingresso (unintentional blindness), altre volte vede o percepisce dati che non esistono nemmeno (distorsione percettiva). Secondo Muzzarelli le principali trappole cognitive da considerare sono: 1. La generalizzazione, il procedimento mentale con cui accomuniamo elementi e traiamo conclusioni sulla base della nostra esperienza personale (abitudini, ricordi, valori). È il meccanismo per il quale confondiamo le opinioni con i fatti, attuando un’azione di veloce accorpamento delle informazioni secondo un arbitrario criterio di classificazione (esempio: tutti i dipendenti pubblici sono dei fannulloni; le giacche si tengono per forza dentro gli armadi; per tre volte mi è andata bene, mi andrà bene anche questa volta). 2. La deformazione è il procedimento col quale “cambiamo le carte in tavola” nella nostra esperienza sensoriale: modifichiamo gli elementi in gioco secondo un proprio criterio mentale, convinti che questo nuovo assetto corrisponda al dato reale esterno (esempio: fraintendere, spostare le parole in una frase). 3. Con la cancellazione escludiamo inconsapevolmente alcuni elementi della nostra esperienza sensoriale, convinti che essi non esistano (esempio: non notare o ricordare assolutamente dei particolari). 4. L’invenzione consiste nell’aggiungere all’esperienza sensoriale degli elementi di fatto inesistenti, pur convinti della loro esistenza (esempio: giurerei di averti messo sul tavolo il documento; sono certo di averti trasmesso l’informazione)[1]. Partire dalla constatazione che il cliente di coaching è potenzialmente portatore di una grande quantità di difficoltà di assimilazione, e non un semplice “ricettore automatico passivo”, ci sarà di grande aiuto. Ci aiuterà a stare concentrati sugli effetti reali che vediamo nel percorso di Personal Training e di Deep Coaching, dare feedback, cambiare strumenti, adattarli, trovare le vie di apprendimento che funzionano meglio su quella persona e magari su una persona diversa non hanno alcun effetto. [1] Muzzarelli, Francesco (2007). Guidare l’apprendimento. Metodologie e tecniche di formazione in azienda. Milano, FrancoAngeli. Altri materiali inerenti il Deep Coaching: Formazione Aziendale Attiva e Coaching in Profondità
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