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Mappe emotive: localizzare il flusso esperienziale e mappare il flusso emotivoTra i temi dominanti di una psicologia delle performance vi è la mappatura del flusso esperienziale e del flusso emotivo che accompagnano l’azione e l’obiettivo. Si tratta di capire l’insieme di sensazioni viscerali ed intellettuali che rendono l’attività ed il fine piacevole o invece sgradito, per potervi intervenire con finalità formative e positive. Il solido emozionale di Plutchick[1], esposto di seguito, ci permette un primo avvicinamento. Figura 15 - Solido emozionale di Plutchick
Tabella 3 – Aree emotive
Il fatto di inquadrare le diverse forze in gioco, discernere le emozioni come intense, intermedie o deboli, di dare loro un’etichetta, permette di parlarne con maggiore specificità. Permette inoltre di localizzare meglio le diverse emozioni miste, le condizioni in cui sono compresenti più emozioni contemporaneamente, situazione simile a quella in cui in una stanza vi siano più radio accese che trasmettono più canzoni contemporaneamente. Decodificare i diversi segnali e uscire dalla confusione dei segnali e delle “voci” richiede strumenti di differenziazione, strumenti di analisi e ascolto raffinati. Nell’esempio, osserviamo un ulteriore modello di stati emotivi esistente in letteratura[2]. Fig. 4.2 - Ruota delle emozioni
Questo modello, o altri similari, possono offrire un grande contributo per giungere ad una possibilità di coaching e formazione sempre più centrata sui diversi vissuti che li accompagnano, e rendere possibile la loro rivisitazione positiva. Come abbiamo notato, è importante “vedere” non solo quali emozioni si attivano in relazione alle azioni da intraprendere. Anche la modalità per raggiungere il risultato è importante. La vita quotidiana ci offre continui spunti per allenare le nostre capacità di riconoscimento emotivo. Se odio pulire le scarpe infangate utilizzando una spazzola, e adoro farlo con un getto d’acqua o idropulitrice, di questo dovrò tenere conto. Nel primo caso avremo infatti ottenuto scarpe pulite ma con forte dispendio emotivo (e successiva riduzione di energie per altre azioni), nel caso della pulizia con l’idrogetto avremmo invece non solo le scarpe pulite (obiettivo primario), ma una persona energeticamente carica, i cui budget energetici sono disponibile per altre azioni, e questo non è poco. Non è sufficiente quindi credere nell’obiettivo, ma trovare soddisfazione nel percorso, nelle modalità, esplorarle come flusso esperienziale positivo. Se questo è vero per azioni minimali, immaginiamo quanto sia importante per obiettivi molto più sfidanti, in cui è necessario saper dare tutto di se stessi. La sfida non è elevata solo negli obiettivi complessi, ma anche per le azioni ripetute. I compiti sono spesso ripetitivi e quotidiani. Un compito ripetitivo, se vissuto con sfondo emotivo sbagliato, diventa corrosione dell’anima, di se stessi, e della volontà. Se diventa piacere, è un flusso esperienziale che ci accompagna. Ne sono esempi l’allenamento fisico, che richiede sessioni quotidiane, il lavoro quotidiano (in qualsiasi professione), e le azioni quotidiane che un genitore, marito, o moglie svolge a favore della propria famiglia, dal lavare i piatti, al fare la spesa, sino alle azioni minimali. Larga parte delle azioni di coaching per il potenziale e le performance consiste nel (1) trovare le modalità migliori per conseguire l’obiettivo, ma anche (2) nel cambiare obiettivi che non ci attivano davvero, goals che in realtà non hanno valenza affettiva per noi, trovare ciò che ci motiva davvero, e anche (3) saper gustare/apprezzare il flusso esperienziale come valore in sè (spostare l’attenzione dall’obiettivo puro al “percorso” come valore addizionale). L’insieme delle percezioni inerenti sia l’azione che l’obiettivo diventa materiale di lavoro nel coaching, affinché l’individuo sia in grado di vivere con maggiore piacere, energia, armonia, efficacia, in entrambi i piani. Gli strumenti di coaching possono utilizzare tecniche anche sofisticate per l’analisi dello sfondo emotivo che accompagna un’azione, come il “solido emozionale” di Plutchick, e altri strumenti derivanti dalla ricerca sulle emozioni e sull’intelligenza emotiva. [1] Plutchick espone una visione similare ma ancora più diversificata, distinguendo tra emozioni di superficie, periferiche, meno intense, ed emozioni più centrali, profonde, intense. Vedi Plutchick, R. (1981). Un linguaggio per le emozioni. In Psicologia contemporanea, 48, 29-36. [2] Canestrari, R. (1984). Psicologia generale e dello sviluppo. Bologna, Clueb.
Altre schede di Psicologia della Performance:
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